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Quando la rivoluzione viaggiava tra radio libere e croci celtiche.

di Michele De Feudis
Rosso e nero, rune, radio alternative, movimentismo universitario e tante storie di amicizia e cameratismo che scorrono parallele ad un percorso militante improntato alla contaminazione con “l’altro da sé”.
Da Giovane Europa ai Campi Hobbit di Giovanni Tarantino (pp. 205, € 10,00, edizioni Controcorrente di Napoli) è un saggio documentato, ricco di testimonianze inedite sulle esperienze più originali della politica giovanile “a destra”. Il giovane studioso palermitano, infatti, non si ferma alla acritica proposizione di un elogio del ribellismo ora nazionalrivoluzionario ora neodestro, ma ne approfondisce le coordinate ideali, gli orizzonti geopolitici fortemente europeisti e allo stesso tempo ostili all’americanizzazione che veniva spesso accettata senza ritrosie dalla destra istituzionale missina. Sullo sfondo ci sono le biografie di “maestri di carattere” come il politologo Marco Tarchi e lo storico Franco Cardini, l’anelito rivoluzionario di Jean Thiriat (elogiato su Il Borghese da Giuseppe Prezzolini), le dinamiche interne a un Fronte della Gioventù che non voleva essere un carrierificio ma un fucina di nuove fascinazioni.
La ricostruzione delle sensibilità presenti nel movimento “Giovane Europa” mostra in pieno la pluralità di riferimenti di una comunità militante niente affatto ammansita dalle certezze ideologiche del tempo: «Nelle bibliografie – scrive Tarantino – non figurano solo i “mostri sacri” della destra tradizionalista come Evola o Guénon, ma anche personaggi come Vilfredo Pareto, il sociologo delle élites; Antonio Gramsci, fondatore del Pci; il generale prussiano Karl Von Clausewitz; Giuseppe Mazzini, (…). E, a sorpresa, c’erano anche il guerrigliero argentino Ernesto Che Guevara, e, infine, lo “Stupor Mundi” Federico II, per il quale Thiriart aveva un’autentica venerazione». La fuoriuscita dal partito della Fiamma era inevitabile. Spiegherà Cardini: «Nel Msi, ormai, non mi ci ritrovavo neanche ideologicamente. (…) L’idea della patria italiana nell’accezione ottocentesca, risorgimentale e poi nazionalistica, insomma, mi lascia del tutto indifferente. Piuttosto mi affascinava, già allora, l’idea di Europa. E quindi andò a finire che lasciai anche il Msi. Io e altri “eretici” del Msi rimanemmo estranei sia al sinistrismo di moda che all’occidentalismo».
Nel saggio è menzionata la pubblicazione ufficiale del movimento, che dal 1963 esce con la testata di Europa Combattente e, poi, dal 1967 con quella di La Nazione Europea. «Ne fu direttore Pierfranco Bruschi, successivamente personaggio di spicco nel mondo della pubblicità. Tra i collaboratori, oltre alla firma di Thiriart, c’erano quelle di Claudio Mutti, Claudio Orsi, Antonio Lombardo, Marco Barsacchi, Pietro Giubilo, Lucio Martelli e Renato Cinquemani». Il simbolo di Giovane Europa era la croce celtica, così illustrata da Luigi G. De Anna: «Del resto, continua Cardini in una lettera che mi ha scritto, “i colori della croce celtica di Giovane Europa erano quelli che dall’Ottocento sono i colori della rivoluzione e della libertà: il rosso e il nero. Questo per noialtri vecchi nazional-europeisti. Gli abusi dei teppisti degli stadi non sono storia nostra e non ci riguardano”».
Tarantino traccia anche una mappa dettagliata delle radio libere a destra, perché oltre Radio Alice, storica emittente vicina all’Autonomia bolognese, c’erano Radio University di Milano, gestita da Guido Giraudo e da Ignazio La Russa, ma anche Radio Occidente di Palermo, ai tempi diretta da Guido Virzì, e Radio Alternativa di Roma, creata da Teodoro Buontempo: «La radio – spiega Tarantino – organizzata artigianalmente, con pochi rudimentali strumenti esprime un linguaggio che è di per sé eversivo e che costringe chi la fa a misurarsi con una comunicazione non mediata e fluida, con un interlocutore anonimo».
Ricchissimo il catalogo di aneddoti svelati nel libro dai testimoni del tempo, autentici “eretici per ortodossia”, con in particolare la storia vera della partecipazione dei neofascisti alla cacciata di Lama dalla Sapienza (un bluff situazionista). Il politologo Pasquale Serra, nel suo saggio Individualismo e populismo.
La destra e la crisi italiana dell’ultimo ventennio mette in evidenza come la classe politica arrivata al governo con la destra negli anni Novanta sia stata segnata dalle esperienze, dalle suggestioni e dai fermenti del biennio ’76-’77, e l’analisi di Tarantino fotografa dall’interno “l’educazione sentimentale” di una parte non trascurabile di questo gruppo dirigente. Il ritratto d’insieme conferma che quei giovani irregolari cercavano con insistenza, nella Nuova Destra e in parte nel Fdg, un dialogo con il mondo esterno alla ricerca di nuove sintesi: così si possono osservare con una luce differente le interlocuzioni e le amicizie personali con Alex Langer, Fiorello Cortiana, Giovanni Tassani, Giorgio Galli, Adriano Sofri, Marco Boato, Giacomo Marramao, Gianfranco Miglio, Antimo Negri, Geminello Alvi, Roberto Formigoni, Giampiero Mughini, Massimo Fini e tanti altri.
«Il libro di Tarantino – scrive Luigi G. De Anna nella postfazione – mette in chiara evidenza come il movimento politico (Giovane Europa n.d.r) fosse al tempo stesso un circolo di persone che non vivevano soltanto comuni esperienze legate alla lotta intrapresa, ma contenesse una fortissima componente di solidarietà umana, di condivisione di esperienze e di senso dell’appartenenza. In questo senso eravamo gruppi di una destra che aveva lontane origini. (…) Nel Medioevo infatti la solidarietà del gruppo si formava negli ordini cavallereschi come nei monasteri, nelle arti cittadine come nelle gilde». Di questa politica se ne sentirà sempre nostalgia.

30/07/2011 – Il Secolo d’Italia